L’accoglimento del Consiglio di Stato al ricorso della Ati Social Coop-New Food e la contestuale sospensiva della decisione del TAR rappresentano l’ennesima doccia fredda per i genitori ormai esausti e sconfortati e nel contempo in riferimento alla procedura di
gara per la mensa scolastica. Attraverso un comunicato stampa il “Coordinamento Genitori Mensa Scolastica” rende noto il proprio punto di vista: “Siamo stati facili profeti quando già nell’incontro del 13 settembre scorso manifestammo all’assessore MAncusi le nostre preoccupazioni sulla piega che stava prendendo la gara e le proponemmo di adoperarsi per trovare una soluzione tecnica che si palesava nell’attivazione di una procedura negoziata su piattaforma MEPA dove ricercare una società idonea alla fornitura
provvisoria del servizio. Ma anche in quell’occasione ci fu detto che non era possibile e che dovevamo aspettare la giustizia amministrativa. A quel punto, per uscire dallo stato di impasse in cui eravamo, avevamo proposto ai Dirigenti Scolastici di valutare la possibilità di attivare il tempo pieno a 40 ore settimanali con la refezione sostituita dal c.d. “pasto da casa”. Infatti in una nota del 03.03.2017 n° 348 il MIUR muovendo dal “riconoscimento giurisprudenziale” del diritto degli alunni di consumare il cibo portato da casa e in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione innanzi alla quale sono pendenti alcuni ricorsi proposti dallo stesso ministero avverso le pronunce dei giudici di merito ha, nelle more, confermato la possibilità di consumare cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche ed invitando gli stessi Dirigenti Scolastici a favorire e sostenere l’interlocuzione serena e costruttiva con le famiglie, raccogliendone segnalazioni e richieste al fine di contemperare le opposte esigenze di tutte le alunne e gli alunni.
Anche la recente sentenza del Consiglio di Stato sez. V° n. 5156 del 3 settembre 2018 ha evidenziato che il divieto di consumare pasti diversi da quelli forniti dall’impresa appaltatrice del servizio di refezione scolastica, incide di per sé in senso manifestamente limitativo nella sfera giuridica dei fruitori ed è come tale idoneo ad arrecare agli stessi una lesione attuale e diretta: vuoi nella qualità di legali rappresentanti dei minori immediatamente toccati dalla disposizione, vuoi nella qualità propria di genitori, come tali
titolari della primaria funzione educativa ed alimentare nei confronti dei figli. Scelte restrittive non supportate da concrete e dimostrate ragioni di pubblica salute o igiene volte a interdire il consumo di cibi portati da casa limitano una naturale facoltà dell’individuo sulle scelte alimentari afferente alla sua libertà personale e in quanto minore della famiglia mediante i genitori, scelta che salvo non ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni particolari di varia sicurezza o decoro, è per sua natura e in principio libera e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici.
Pensare che “il consumo di pasti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale” si manifesta irrispettoso delle rammentate libertà e comunque sarebbe apodittico. L’inidoneità e l’incoerenza di una tale misura emerge in particolare dalla considerazione che non risulta, ad esempio, inibito agli alunni il consumo di merende portate da casa, durante l’orario scolastico: per analogia, si potrebbe addurre infatti anche per queste la sollevata problematica del rischio igienicosanitario. Da un altro lato, occorre rilevare che la sicurezza igienica degli alimenti portati da casa non può essere esclusa a priori ma va rimessa al prudente apprezzamento e al controllo in concreto dei singoli direttori scolastici, mediante l’eventuale adozione di misure specifiche, da valutare caso per caso, necessarie ad assicurare, mediante accurato vaglio, la sicurezza generale degli alimenti. Paventare un divieto di permanenza nei locali scolastici per gli alunni che
intendono consumare cibi portati da casa (o acquistati autonomamente) si rivelerebbe, pertanto, affetto da eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto misura inidonea e sproporzionata rispetto al fine perseguito.
Abbiamo perciò nel contempo chiesto ai Dirigenti Scolastici di riaprire il confronto sulla possibilità di attuare il “pasto da casa” considerando che la nostra proposta si concretizza nella fornitura di pasti commissionati ad una ditta specializzata in ristorazione collettiva operante sul territorio avellinese che si farebbe carico anche di sanificare i locali mensa e tenerli puliti ante e post servizio. Gli uffici preposti hanno dato la disponibilità all’uso dei refettori e all’invio del personale ASL per i controlli igienico-sanitari dei locali. Quindi riteniamo che c’erano e ci sono tutte le premesse per dare attuazione a questa soluzione che potrebbe sbloccare la situazione nel giro di pochi giorni anche qualora il 30 ottobre i tempi dovessero posticiparsi ulteriormente. Inoltre abbiamo richiesto all’amministrazione comunale un nuovo confronto per capire lo stato attuale della procedura di gara e come intendano muoversi, considerato che non si hanno comunicazioni ufficiali e tutto è lasciato ad un rincorrersi di notizie vaghe, contraddittorie e confusionali che non fanno altro che inasprire gli animi dei genitori.